La cappella, inglobata nel perimetro della residenza della famiglia Vaj , e visibile dalla centralissima via Pugliesi, sorge sull’area absidale della distrutta chiesa di San Giorgio da cui deriva il titolo. Inizialmente progettata do Luca Ristorini, incaricato do Andrea e dal canonico Lorenzo Vaj di ristrutturare l’intero palazzo, venne poi ridefinita su committenza del canonico suddetto, dall’ architetto Giuseppe Valentini (chiamato a sostituire il Ristorini net 1796), e do lui terminate net 1798. Un ampio cortile inquadra la facciata sobria e schematica coronate da un timpano e delineate da lesene in pietra serena, il cui semplice disegno trova misurata articolazione nelle due piccolo finestre rettangolari ai lati della porta d’ingresso, e nella strada centinata centrale. Con l’aspetto austere della facciata, in origine forse mitigato dallo stemma dipinto della famiglia e da altre limitate decorazioni ricordate delle fonti, contrasta vivamente l’interno, un ambiente raccolto ed elegante, arricchito da stucchi, dipinti murali ed altri effetti ornamentali. Un ristretto vestibolo con soffitto a cassettoni e pareti decorate a finti marmi venati – gli stessi che ricompaiono su tutta la restante superficie parietale – introduce nell’ambiente centrale rialzato e contornato in basso da uno zoccolo marmorizzato, su cui poggiano le semicolonne ‘ioniche’ con fusto di finto “alabastro di Montalcino”. Tutte le decorazioni imitanti il marmo e le pietre sono opera particolarmente efficace e di ricco effetto coloristico del pistoiese Luigi Rafanelli (1742 – 1798), ad articolare gli angoli perimetrali contribuiscono poi due paraste contrapposte concluse dai medesimi capitelli delle colonne. Anche la trabeazione presenta una fascia marmorizzata sormontata da una cornice su cui si impostano le due lunette laterali decorate sull’archivolto da festoni di frutta con nastri e all’interno da figure allegoriche monocrome rappresentanti due coppie di Virtù: a destra la Giustizia e la Carità, a sinistra la Prudenza (o Temperanza) e la Fortezza. Sui quattro pennacchi angolari sottostanti la cupola ellittica sono dipinte, adagiate su nubi, le figure dei santi: Giorgio, Stefano, Sisto II (?), Lorenzo, tutte accompagnate da un putto recante i simboli del martirio o altro attributo. Di particolare intonazione “eroica” l’immagine di san Giorgio in veste militare con la clamide roteante al vento e la testa del bianco destriero sullo sfondo. Nella cupola è rappresentata l’Assunzione della vergine, ariosa e dilatata composizione scandita da gruppi di angeli in parte musicanti, culminante nel simbolo dello Spirito Santo che irradia luce. Tutte le pitture murali descritte appartengono al noto pittore pratese Luigi Catani (1762 – 1840), figlio di Stefano – altrettanto conosciuto come “quadra-turista” e decoratore murale – , di cui sono documentati, oltre agli altri interventi pittorici all’interno del palazzo (sua ad esempio la decorazione del soffitto della scala a pozzo con Apollo circondato da putti reggistemma) anche i lavori del “coretto” della cappella oggi non più esistente destinato in origine ad accogliere un organo. Personalità emergente fra i frescanti contemporanei toscani, nonché professore di ornato all’Accademia fiorentima, negli stessi anni sarà impiegato nella decorazione della sala capitolare della Cattedrale pratese. Le tre pareti della cappella presentano nicchie destinate ad accogliere i tre dipinti commissionati dal Vaj oggi non più in loco ed eseguiti nel 1800: il Martirio di Santo Stefano di Giovanni Francesco Corsi, per la parete di fondo (attualmente nella sala dei Canonici del Duomo), e le due tele con San Giorgio e San Lorenzo di Domenico Podestà (Firenze -1862). Il David che suona la cetra di Matteo Bertini (Prato 1768-1829), ugualmente citato dalle fonti e datato 1803, si trovava invece nel “coretto” sopra menzionato. Sotto ogni nicchia compare un’iscrizione tratta dalle Sacre Scritture che inneggia variamente alla resurrezione dei giusti. Sulla parete di fondo si apre una lunetta con vetrata che ha perduto la sua logica funzione, essendo chiusa all’esterno da una costruzione che impedisce il passaggio di luce. Un bel pavimento bicromo di marmo bianco e grigio completa l’apparato decorativo nel complesso ricercato e di evidente gusto neoclassico che continua, anche se con scelte cromatiche diverse, nella adiacente piccola sagrestia con volta a crociera ribassata, dove in origine si conservavano alcune reliquie. L’interno della cappella, nel tempo adibito a deposito e gravemente degradato, è stato oggetto di un accurato restauro conclusosi nel 1990 condotto dall’architetto Miranda Ferrara che, tra le altre finalità, si è posto la rimozione delle strutture orizzontali che dividevano il volume dell’ambiente.